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Fare pace con se stessi è possibile. Come è possibile imparare a rispettare i propri desideri senza danneggiarsi. Senza paura che un ‘no’ significhi essere rifiutata. Tanto da essere disposta a farsi del male, quale grido di odio nei propri confronti. Un fare pace che è entrare in relazione con sé, che è entrare in ogni stanza della propria abitazione interiore senza titubanza. Smettendo di mettersi a disposizione dei bisogni degli altri come oggetti ‘usa e getta’. Se scelgo di credere in me stessa, stabilisco che FIDARMI è fare pace con me.

DESIDERARE SENZA DANNEGGIARSI

È iniziare ad ascoltare il proprio desiderio di ‘esistere’. Desiderio che nasce da un bisogno che non ha trovato patria. Un bisogno di amore che viene idealizzato nel desiderio. Il continuo tentativo del bimbo di soddisfare tale richiesta lo espone alla disillusione. La fiducia riposta nel genitore può essere, quindi tradita. Ed allora la scelta è di decidere di negare la sofferenza dicendosi “Non te lo meriti!”.  “Non hai fatto/sei abbastanza.”  Arrivando a stabilire “Io non ho bisogno di nulla, faccio da sola.” Ma ciò origina un falso sé che può accompagnare per la vita, definendo un auto tradimento. Tale processo inconscio apre le porte al risultato opposto al ‘Fidarmi è fare pace con me’.

TRADIMENTO

Il fidarsi significa affidarsi all’Altro. Significa mostrare la propria vulnerabilità e dipendere dall’altrui volontà.  Presto o tardi la fiducia posta nel genitore si scontra con la disillusione. Nasce, così, la ferita! E la ferita è viva fino a quando consapevolmente “sai che tuo padre ti ha mentito e continui ad amarlo più di chiunque altro.”(*). Sembra quasi paradossale, ma è un passaggio fondamentale per evolvere. Volenti o nolenti siamo ‘carne della loro carne’ in noi circola il ‘sangue del loro sangue’. Lottare contro tale ineluttabilità non serve se non a lacerarci ed alimentare sempre più il proprio senso di inutilità.

Accettare la fallacità dell’Altro che come me è imperfetto è ‘girare l’angolo’. Ognuno di noi dà solo ciò che ha. Non possiamo dare ciò che non ci appartiene. I genitori trasferiscono ai figli i geni che definiscono il corpo fisico, ma anche quello psichico. Ci donano anche i loro limiti, paure, pregiudizi, condizionamenti e valori. Un insieme di elementi che dovrebbero essere come un faro per evitare di sbattere contro gli scogli della vita. E nel darci ciò cercano di darci amore. (per approfondimenti)

L’AFFETTIVITA’

“… l’amore consiste nell’accettare l’altra persona e le sue scelte, anche quando non siamo d’accordo, anche quando farlo sembra impossibile. Perché l’amore non è una forma di “possesso”, ma un’accettazione profonda di colui che amiamo e dei suoi desideri.” (*) L’affettività è una sorta di rete che ci connette a noi stessi e contemporaneamente alle persone care. Una rete che esce dal nostro controllo.

Forse è per questo che ci <adattiamo>, ci <sottomettiamo>, ci <cancelliamo>. Per non perdere l’Altro. Per trattenerlo accanto a noi.” (*) Scelta che definisce una sorta di servitù come prezzo da pagare per illudersi di poter controllare i nostri sentimenti. Ma l’affettività è un moto dell’anima. Un movimento spontaneo che non può essere controllato, ma semplicemente vissuto. E se questo è vero riferendosi alla persona amata, lo è ancora di più verso se stessi. E’ un abbraccio indirizzato a Sé che necessità però il “lasciarsi andare”. Il senso dell’abbandonarsi all’inevitabile è parte del fidarsi di sé. E’ l’avvicinarsi sempre più alla meta: fidarmi è fare pace con me.

LASCIARE ANDARE

Il pensiero di ‘lasciare andare’, di abbandonarsi al flusso dell’esistenza definisce un momento di svolta. Che diventa possibile solo quando sfiniti si decide di abdicare, di mollare ogni residua resistenza. Incontrarsi significa porsi dinnanzi a quella temuta porta e decidere di mettere timidamente la mano sulla maniglia. Prendere fiato e finalmente aprirla. Atto di fiducia originario che ci svela, in primis, a noi stessi. Azione che ci porta a smettere di chiedere a chi non ha, ma a fidarmi di me perché fidarmi è fare pace con me.

Nella canzone “Vince chi molla”  di Nicolò Fabi il susseguirsi di immagini evocative scardina l’idea che lasciarsi andare sia una sconfitta.. “Lascio andare la mano che mi stringe la gola.” Oppure “lascio andare le valigie / i mobili antichi/ Le sentinelle in garitta”.  “Lascio andare il destino / Tutti i miei attaccamenti […] / Il coltello tra i denti  / Lascio andare mio padre e mia madre / E le loro paure.

Quel temuto fallimento è una vittoria. Il cantautore ci spiega che “Per ogni tipo di viaggio / Meglio avere un bagaglio leggero.” ed allora aprire la mano significa finalmente poter ricominciare a respirare.  Atto possibile, perché si è deciso di smettere di essere crudeli con se stessi, di brutalizzarsi ancora di più. Si è stabilito che è possibile entrare in quella stanza e scoprire che non c’è nulla di cattivo. E quindi “L’aria dal naso arriva ai polmoni. / Le palpitazioni tornano battiti. / La testa torna al suo peso normale. / La salvezza non si controlla. / Vince chi molla.”(per approfondimenti)

AMARAI COSI’ COME SI E’

Amarsi come si è. Ciò che con più fatica facciamo è amarci, rispettarci e sentirci degni. Ed allora impariamo a desiderare quello che è già parte di noi. Senza aspettare che venga soddisfatto un desiderio da chi, a sua volta, sta già vivendo il suo abisso. Ma cominciando a fare pace con se stessi ed aprirsi alla gioia. Passaggio progressivo che significa osservare i propri preconcetti e condizionamenti per autorizzarsi a tradirli, accettando di correrne il rischio. (per approfondimenti)

Un rischio che può far rilevare che quel nodo così temuto non è più così insormontabile. Che quel lasciare andare apre all’amore per sé e per come si è. Smettendo di incolparsi e perdonandosi di una colpa forse inesistente. Per uscire dal “Dimmi cosa pensi di me e saprò chi sono.” Ed accettando gli elogi come rappresentazione del proprio impegno e valore, quindi cessando di rifiutarli perché non meritati.

IMPERFEZIONE CHE RENDE UNICI

Quella temuta imperfezione forse, poi, così negativa non è per la nostra esistenza. Forse ci rende Unici ed amabili. Ed allora cessare di voler essere perfetti agli occhi altrui apre a nuove possibilità. Derivanti anche dall’abbandonare una lealtà cieca imposta dal falso sé e permettendosi di dire dei ‘no’. Abbandonarsi alla vita  non è semplice da farsi. La vita è un viaggio meraviglioso e tortuoso. In cui accogliere l’imprevedibile e smettere di volere l’impossibile sono parte di quel fidarsi che è anche fidarsi di sé. Modalità di apertura che è sia apertura all’altro che a noi stessi. E quindi accorgersi che questo lungo viaggio ha avuto una meta: Fidarmi è fare pace con me.

(*) Marcano Michela, “Volevo essere una farfalla”, Ed. Mondadori

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