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la relazione cura

Quando parliamo di relazione facilmente comprendiamo che ci stiamo riferendo al rapporto tra due o più persone. Un po’ più articolato è considerare la relazione una cura e cogliere cosa in essa accade attraverso la relazione. Sembra un gioco di parole. Dalla mia esperienza, essendo counselor e shiatsuka, rilevo che in un rapporto professionista-cliente cura e relazione si interconnettono. La relazione interpersonale diventa allora anche relazione intrapersonale. Anche tra me e me succede qualcosa che chiede ‘attenzione’. Non solo tra me ed un altro soggetto, ma anche internamente.

SENSI, EMOZIONI E PENSIERI SONO NELLA COMUNICAZIONE

La voce nel counseling o il tocco nello shiatsu sono, contemporaneamente, parte della professione e parte della comunicazione. Quando si accoglie un cliente vi sono, in ogni incontro, momenti in cui si scambiano sensazioni. Attraverso i cinque sensi percepiamo miriadi di informazioni. Gli occhi ci fanno vedere che la schiena del cliente è meno curva o la pelle rilassata con qualche ruga in meno. Il suono della voce è cambiato, dalla volta precedente, ed è possibile dedurre che qualcosa sta andando meglio.

Ciò che è stato fatto sembra che stia funzionando. Ed allora come professionista comincio a valutare il mio operato chiedendomi come continuare o cosa cambiare. Dagli esempi posti è possibile cogliere, già,  come la relazione interpersonale ed intrapersonale si intrecciano in un tutt’uno. La professionalità è efficace se la relazione interpersonale cura e viceversa. Essere consapevoli di collocarsi entro i parametri della relazione d’aiuto è indispensabile per concretizzare un valore aggiunto che agevola ‘il fare la differenza’.

RELAZIONE D’AIUTO

In quanto professionista avverto costantemente la necessità di entrare in relazione con l’altra persona durante la sessione di lavoro. Ma anche di entrare in relazione con le mie sensazioni, immagini e pensieri. Perché è dalle funzioni psichiche che posso  attingere a piene mani sia per aiutare a crescere che per crescere a mia volta. È uno scambio costante! La relazione d’aiuto sembra essere, almeno in taluni momenti, come una strada a doppio senso di circolazione.

Il primo a definire la Relazione d’Aiuto fu Carl Rogers, psicologo statunitense tra i primi a codificare il counseling, nel 1951. Affermando che “ una relazione di aiuto potrebbe essere definita come una situazione in cui uno dei partecipanti cerca di favorire.  in una o ambedue le parti, una valorizzazione maggiore delle risorse personali del soggetto ed una maggior possibilità di espressione“. In questa ottica, la relazione assume un aspetto meta cognitivo. Dando vita ad una relazione umana in modo consapevole, controllato ed intenzionale. E padroneggiando razionalmente abilità ‘che sono un tutt’uno con ciò che si è’.

Entrare in una siffatta relazione non è una sola questione professionale:  è ‘un modo d’essere, con un’altra persona’. Essere counselor o shiatsuka non fa differenza, in quanto ognuno è ospite nel mondo esperienziale dell’altro. Per poter fare ciò al meglio, Rogers suggerisce di sviluppare Empatia, Calore e Genuinità. Ovvero la capacità di ‘sentire l’altro’ con uno “sguardo positivo senza condizione” : accettazione dell’altro per come è, senza problemi e giudizio.  Essendo disponibile, da professionista-persona,    ad “aprirsi e non chiudersi nella relazione di comunicazione. Essere spontaneo e non pre-programmato”

NON ESSERE UNA MACCHINA

Lo stesso Rogers  in Terapia centrata sul Cliente ci ricorda che l’essere umano “ non ha semplicemente le caratteristiche di una macchina […] è una persona impegnata a creare se stessa“. Pertanto, la relazione d’aiuto funziona quando tra chi offre l’aiuto e chi lo riceve si instaura un legame di fiducia. Perché è proprio attraverso questo legame che la relazione nasce e persevera. Avendo come presupposto di base un ascolto empatico, l’assenza di giudizio e l’accettazione incondizionata.

Inoltre, da quando nasciamo siamo soggetti attivi nella relazione. Da subito, il bimbo alla madre ‘offre’ e contemporaneamente ‘crea con essa una relazione’ unica ed originale. Siamo parte attiva nella relazione da quando esistiamo. Non è differente la situazione da adulti ad esempio tra genitori-figli, di coppia, tra amici o colleghi. In ogni relazione umana si dà vita ad una dinamica di reciprocità e creatività in cui ognuno dà e prendere. Ognuno è parte attiva della relazione, infatti, ai miei occhi, ciò è reale sia quando sono counselor che shiatsuka.

RELAZIONARSI NELLA COMUNICAZIONE

Nella comunicazione entrano in gioco sia strumenti comunicativi che codici di linguaggio.  Li adottiamo per trasferire un messaggio da un individuo ad un altro, così come per comunicare interiormente con se stessi. Infatti, utilizziamo sia modalità verbali che conosciamo bene e che esprimono la nostra capacità di collocarci nella relazione. Come anche modalità non verbali, poco conosciute ed attribuibili al nostro sistema inconscio.

Siamo,  in sostanza, in grado di dialogare con il cliente che chiede di essere agevolato verso il benessere.  E al contempo  di dialogare con sé, mentre stiamo accogliendo e lavorando con una persona. Tali modalità di dialogo danno origine alla relazione interpersonale e alla relazione intrapersonale. Una differenza sta nel fatto che la prima è visibile nel suo accadere, mentre la seconda è invisibile in quanto si sviluppa nella nostra mente.

RELAZIONE INTER-PERSONALE

Nella relazione interpersonale la comunicazione è tra due o più persone, in cui lo scambio di idee o messaggi avviene attraverso un canale. Il modo in cui tale passaggio comunicativo avviene qualifica ciò che viene detto. Quindi, il tono di voce, il linguaggio del corpo, i gesti, le espressioni facciali trasmettono informazioni sullo stato di chi parla. Promuovendo un significativo impatto sul destinatario.

Tante volte nel setting mi è capitato di ricevere un’informazione, ma questa ’non risuona’. Come se ci fosse qualcosa di stonato tra il detto e il non detto. Spesso andando ad indagare, si scopre che nella partitura quella nota è la chiave attraverso cui far emergere molto altro. Oppure quando in un trattamento energetico capita di fare una domanda, che viene da non si sa dove. Ma che apre una porta di significati, esperienze ed emozioni. Stratagemmi attraverso cui la relazione d’aiuto trova slancio. Agevolando quella trasformazione che aveva spinto la persona a chiedere aiuto e sostegno.

RELAZIONE INTRA-PERSONALE

La comunicazione con se stessi è parte della relazione intrapersonale. È una attività che si svolge nella propria mente. Un dialogo interiore attraverso cui le percezioni e le sensazioni raccolte vengono analizzate, interpretate e valutate. Spesso serve per riflettere e fare chiarezza su qualcosa. È internamente sempre presente, in quanto è essenziale in ciascuno di noi  pensare, analizzare ed interpretare le cose. È una conversazione in solitario in cui mittente e destinatario sono la stessa persona.

Occorre tenere in giusto conto che attraverso il nostro corpo incameriamo informazioni del mondo circostante.  Ed è sempre attraverso il corpo che veicoliamo ciò che si è prodotto al suo interno. Generando in tal modo un nuovo flusso che definisce la comunicazione sia verbale che paraverbale. Tutte le funzioni psichiche entrano in gioco.  Attivandosi, intervenendo, cercando di prevalere le une sulle altre o lasciando spazio.

In entrambi gli interlocutori della relazione d’aiuto si attiva un dialogo in cui inter e intra-personale si alternano e mescolano.  Dinamica che può apparire, in taluni momenti, una danza soave oppure, in altri, tribale. Ciò che è auspicabile è che la danza inizi e produca i suoi effetti.

OSSERVARE IL BISOGNO

Se riflettiamo si può rilevare che la comunicazione intrapersonale è alla base di quella interpersonale. Nella relazione col cliente, ciò che mi accade internamente, è il frutto dell’esperienza che sto vivendo. Questa trae origine delle percezione fornitemi dal corpo attraverso i sensi. L’incontro di tali informazioni, con il variegato mondo interiore, attiva dinamiche articolate ed imprevedibili. Imparare ad osservare queste dinamiche è fondamentale per ogni professionista che vive la relazione d’aiuto. Sviluppare e padroneggiare consapevolmente questa danza è alla base di una professionalità duratura ed evolutiva per entrambi.

PORTATO DAL CLIENTE

Un buon professionista oltre ad intervenire attraverso il cliente sul bisogno portato, è auspicabile sviluppi anche la capacità di automonitoraggio e autoregolazione. Ovvero si ponga in uno stato di ascolto di ciò che accade ‘dentro’ imparando ad ‘osservare’. Quando un cliente viene si aspetta di essere accolto ed accudito. Quando se ne va, all’operatore si presenta la necessità di accogliere ed accudire le parti che si sono attivate  durante la relazione. Perché mentre facilitiamo il miglioramento della condizione di chi viene da noi, non possiamo dimenticare di agevolare anche il proprio benessere.

Ogni cliente porta con sé dei bisogni ed un vissuto di cui, talvolta, non è pienamente consapevole. Se si intervenire in uno spazio olistico è impensabile, allora, limitare le proprie competenze alle semplici tecniche di riferimento. Sempre più spesso mi rendo conto che lo shiatsu ‘muove’ oltre alle energie del corpo anche quelle emozionali. Limitare la competenza ad una sola disciplina è olisticamente impensabile. Sviluppare delle competenze nella comunicazione, per agevolare la relazione d’aiuto, significa attivare un processo integrativo che migliora la qualità del lavoro.

EMERSO NEL PROFESSIONISTA

Risulta importante sottolineare che non ci si può solo occupare di uno dei soggetti coinvolti. Ciò che può essere fatto, in contemporanea, è praticare un’attività laboratoriale con e per se stessi. Da shiatsuka posso imparare delle modalità comunicative da utilizzare con la persona, ma nello stesso modo posso imparare ad ascoltare me. Usando la funzione senso-motoria e le percezioni  per ‘leggere’ cosa si muove dentro di me sia mentre pratico che successivamente.

La relazione interpersonale è l’espressione poliedrica dell’incontro tra soggetti diversi. Ma questo incontro è  anche l’espressione della ‘molteplicità che alberga in sé’. In ogni momento della giornata qualcosa internamente cambia, e volenti o nolenti, questo lo riverberiamo nella relazione. Ci può essere un cliente rispetto al quale ci si sente neutrali.  Ma c’è anche quello che ‘scuote alla radice’ la nostra capacità di essere centrati e non giudicanti. Gestire la nostra emotività unitamente a quella del cliente richiede competenze varie ed articolate per tener conto delle possibili diverse esigenze.

In sintesi, occuparsi della relazione interpersonale senza soffermarsi efficacemente su quella intrapersonale è insufficiente.  Imparare a dialogare con le proprie emozioni, immagini mentali o pensieri è auspicabile e desiderabile. E’ una danza in cui chi guida può essere, a sua volta, guidato. Si può essere di aiuto agli altri se si è di aiuto a sé. Imparare a prendere confidenza con se stessi agevola un processo trasformativo di natura evolutiva sia per il cliente che per il professionista.

 

Per approfondire:

L’ARTE DI RISPETTARSI SERENAMENTE

IL RUOLO DELLE EMOZIONI NELLA COMUNICAZIONE

SEQUESTRO EMOTIVO: le emozioni

SEQUESTRO EMOTIVO: cosa è un sequestro motivo?

PRIMA – DOPO UN SEQUESTRO EMOTIVO

RELAZIONE UN PO’ DETERIORATA: COSA FARE

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